giovedì 8 aprile 2010

Il Profeta


Oooh ecco qua, mensole sistemate, monitor tv montato, xbox collegata, pc a posto, fumetti, film, chitarra, c’è tutto.

Solo Ale dove cazzo sei andato a finire? Bah.

Ad ogni modo, scusate se sono ancora in sistemazione, ma la mia posizione in questo posto non è molto “equilibrata” non so se mi spiego…

Dunque vi dicevo della mia terribile esperienza al cinema di domenica di pasqua, una cosa ancora indimenticabile direi, che però ieri sera con somma gioia e piacere è stata surclassata da una serata cinema completamente diversa.

Cinema/Teatro “Delle Palme”: sempre Napoli, ma decisamente opposta l’impressione.

Nemmeno una decina di persone, sala teatro (devo dire non perfetta per vedere film, ma godibilissima), silenzio quasi totale durante la proiezione e film che molti descriverebbero “di nicchia”:

Il Profeta (Un Prophète)

Jacques Audiard 2009


Che dire, un film bello. Molto bello. Degno dei più grandi registi, che ultimamente sembrano un po’ aver perso la genuinità che invece è propria di questa pellicola; probabilmente uno dei più bei film europei degli ultimi anni.

Un prophete è un film stupendo. Non v'è sbavatura, nessuna caduta di stile, nessun cedimento registico, niente di troppo né troppo poco. Reale quanto deve esserlo. Amorale come è giusto che sia un film che vuole solo rappresentare un'odissea umana senza aggiungere o togliere nulla ad essa.

La storia è quella di Malik, un giovane Arabo che deve scontare sei anni di prigione in un carcere francese, per una motivazione non chiara ma nemmeno utile, poiché in questo cammino l’importante non è né l’inizio né la fine. Imparerà a sue spese Malik, la vita del carcere: chi è da servire e chi è da temere, l’assenza di giustizia, la disumanità delle scelte che si compiono o che si è costretti a compiere.

Un’umanità esaltata all’inverosimile, il cammino di un uomo iniziato con un atroce peccato, che però impara a “sopravvivere” e poi alla fine a prevalere, compiendo le giuste scelte, tacendo o parlando, senza dimenticare mai le colpe sulla sua coscienza e portandole con se, accettandole, legandole alla sua anima che forse alla fine del viaggio è l’unica cosa che è riuscito a non perdere.

Una prova registica magistrale dicevo, un incrocio tra gangster movie e film carcerario riuscito alla perfezione che sarebbe stato bello vedere promosso dal migliore Tarantino, che invece stà li a guardarsi Hostel and co.

Pazienza.

E ce ne vuole tanta visto che ho dovuto fare i chilometri per vedere questa pellicola che guarda senza timore ad uno “Scarface” o ad un “Padrino”, nell’UNICA sala che in Campania lo proietta.

Pazienza.

Pazienza…

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