giovedì 21 gennaio 2010

Frammenti di Memoria - Parte I

Il tocco freddo della nuda pietra le trasmise una sensazione di panico, la vista era ancora offuscata, una patina attraverso cui la luce della candela sembrava una forma animata indistinta. Cercando di alzarsi in piedi, la giovane donna perse l'equilibrio, scivolando sul pavimento umido. Il sapore metallico del sangue le pervase la bocca.
Voltandosi su un fianco, osservò le mani livide. Con un grido sommesso fece leva sulle braccia e tentò di alzarsi di nuovo. Riuscì nel suo intento, poggiando la schiena madida di sudore contro una parete. Scoprì solo allora che i suoi abiti erano laceri in più punti, c'era sangue ovunque intorno a lei.
Il suo sangue.
Si portò una mano sul volto e ne sentì il calore. Fece una smorfia pensando di avere un aspetto tutt'altro che presentabile in quel momento. Passò la mano tra i capelli, una massa informe e appiccicosa. Ci sarebbero voluti giorni per rimetterli a posto.

La candela consunta brillava nel buio della stanza, di fronte a lei. Cercò di avvicinarsi, ma scoprì di non riuscire a mantenersi in equilibrio senza un sostegno. Una risata forzata le coprì il volto, pensò di non essere mai caduta così in basso. Le gambe le tremavano e la testa pulsava, iniziò a sentire il peso del proprio corpo. Cadde in ginocchio, non riuscendo a sostenere ulteriormente se stessa. Sbuffò per la rabbia e si costrinse a fare qualcosa. Avanzò carponi lungo la stanza fino a raggiungere l'estremità opposta, scivolando più volte sul pavimento freddo. Tentò di alzarsi nuovamente e riuscì ad aggrapparsi a quello che sembrava un tavolo di legno incastrato nel muro di pietra, tenuto insieme da due sottili catene. La candela era poggiata su un piccolo contenitore di ferro, la cera era scivolata fun sulla superficie del tavolo.

Nell'appoggiarsi, la ragazza fece cadere alcuni fogli di carta che ad una prima occhiata sembravano documenti o lettere, ma non riflettè sull'argomento. Afferrò saldamente la candela, il cui calore le parve quasi sovrannaturale, una nicchia di vita all'interno del nulla. Si guardò intorno, facendo affidamento su una vista meno annebbiata, cercando di sfruttare al meglio l'unica fonte di luce di cui disponeva. Gli occhi saettavano cercando di mettere a fuoco l'ambiente, cercando qualche dettaglio che potesse esserle di aiuto. Alcune casse chiuse, il tavolo su cui poggiava per non perdere l'equilibrio e una porta, probabilmente l'unica via di fuga. Servendosi della mano libera per cercare il sostegno di cui aveva bisogno, si avvicinò lentamente alla porta, facendo del proprio meglio per non perdere l'equilibrio. Era di legno ed era serrata, l'unica speranza di fuga si volatilizzò in un sospiro.

Trattenendo a fatica le lacrime, la ragazza si diresse verso le casse poco distanti. Scoprì di riuscire di nuovo a mantenere l'equilibrio, una magra consolazione. Si trovava al centro della stanza quando qualcosa catturò la sua attenzione. Un rumore sordo. E un altro. E un altro ancora. Qualcuno stava scendendo delle scale, probabilmente. E un altro. Quel qualcuno si stava avvicinando. Presa dal panico, la ragazza soffiò sulla flebile fiamma che si spense emanando un filo di fumo. Al buio, non udiva più alcun rumore. Poi un suono secco, la serratura che scattava e la porta che, lentamente, si apriva davanti a lei.

Nessun commento:

Posta un commento